mercoledì 15 agosto 2007

L'amore al tempo delle balene

L’amore al tempo delle balene.

Siete mai stati a Camogli ?
Tutti vanno a Portofino…a me piace molto di più Camogli.
Mi piace la sua calma d’inverno, le sue case colorate, il pesto e la focaccia al formaggio…e anche quella normale, nel cappuccino o nel caffe’, la mattina.
Sì, avete letto bene. La focaccia nel caffè o nel cappuccino.
I Camoglini lo sanno da sempre…è buonissima.
Ma bisogna amarla. Quando si ama si fanno delle cose che a raccontarle non potresti mai crederci.

Poi, Camogli mi piace perché è un borgo di pescatori, ancora vero, non finto come Portofino, che è bellissimo, ma per turisti americani cui danè.
Camogli ha le sue reti a stendere, la sua pescheria cooperativa con la Marcella che ti dà le ricette, i suoi pescherecci, con nomi altisonanti come la Tecla, tutta dipinta di rosso e blu perché – si sa – qui si è genoani, oltre che genovesi.

A Camogli c’è ancora una delle tre tonnare in esercizio sopravvissute in Italia, dove ogni mattina e ogni sera una barca di pescatori va a far mattanza di ricciole e pesci vari.
Dobbiamo viaggiare fino a Carloforte, in Sardegna, o a Favignana in Sicilia per trovare le altre due.
La notte, il Golfo Paradiso si riempie di luci…tutte le colline sono illuminate di tante lucine delle porte di casa o delle “crose”, le stradine che percorrono in lungo e in largo, in alto e in basso il promontorio di Portofino, sulle cui pendici Camogli è adagiata.

E sotto la chiesa di S.Rocco, a picco sul mare, ogni sera cinque o sei barchette vengono lasciare con le lampare a bordo, accese, per la pesca dei totani.

Lucine che si aggiungono alle lucine del monte….forse per questo si chiama Golfo Paradiso…sembra un cielo stellato.

Beh’ …in tutta ‘sta poesia…oggi me ne tornavo sul mio gozzo Tamarindo, da San Fruttuoso a Camogli, passando per Punta Chiappa…e mi sono venuti in mente i delfini e le balene.
Non perché li abbia visti, oggi…sono rari a vedersi, anche se qui siamo al centro dell’ormai famoso Santuario dei Cetacei, un pezzo del mare Tirreno particolarmente protetto proprio perché non è raro imbattersi in branchi di delfini e anche in qualche balena.

Mi sono venuti in mente perché era una bella giornata ed era un bel pensiero.

A chi non piacciono i delfini e le balene…

Mi ricordo, da piccolo, che sia io che i miei amici passavamo ore davanti alla tele a guardare Flipper, il delfino…e da Cesenatico a Miami gli spettacoli dei delfini che saltano sono sempre pieni di gente, con i bambini impazziti che applaudono.

Applaudono perché sono belli.

Applaudono perché fanno sorridere.

Applaudono perché sono felici.

…o almeno lo sembrano.

Le balene no.

Le balene sono bellissime…ma sono imponenti, fanno un po’ di paura…Capitano Achab e così via, Melville e Orca Assassina ci hanno insegnato a temerle e rispettarle.
Perfino Pinocchio lo fanno mangiare da una balena!

Pero’…in fondo…poi lo sputa fuori…

Ecco, pensavo….l’amore si presenta un po’ come le balene e i delfini.

Nei primi anni dell’adolescenza ( e per molti che restano adolescenti per la vita ) si fa molto spesso come i delfini…si salta, si guizza, si scherza, si ride…si salta di compagno in compagna, di mare in mare…di porto in porto.

Non si vuol sentire ragioni…non si vuol sentirsi intrappolare in una maglia che spesso si scambia per rete…non si vuole dormire mai.

Poi…piano piano..si cresce…a volte anche di stazza oltre che di età, lasciatevelo dire dal sottoscritto…

Si cresce…e si diventa come le balene.
Più schive, più pesanti. Si nuota più a fondo…si riemerge a volte solo per respirare.
Ci si tuffa nel mare dell’amore completamente, nuotando per chilometri e chilometri per accoppiarsi.
Si fanno pochi figli, che si proteggono con la nostra vita e col nostro corpo…
Avete mai visto una balena col suo piccolo in fianco ? Cosa c’è di più emozionante e tenero…un gigantesco animale che protegge, guida e cura con immenso affetto una piccola creatura che gli nuota in fianco.

E avete mai visto quei documentari in cui fanno vedere una balena che ha perso il suo piccolo ?Sono disperate…non si danno pace…piangono e lanciano urli di richiamo strazianti che l’orecchio umano non puo’ sentire ma che gli strumenti moderni riescono a rilevare…il lamento infinito dell’amore spezzato.

Ecco.

Siamo così.

Spesso delfini.

A volte balene.
Sventati e smorfiosi.

Pesanti e pensosi.

Siamo così…dolcemente complicati...come diceva la Mannoia.

Un abbraccio da Camogli…
…stasera…trofie al pesto.

lunedì 6 agosto 2007

L'avevo detto, io....!!!

Allora….un paio d’anni fa mi sono divertito a descrivere cosa dovevano diventare i marchi del gruppo Piaggio.

Lo scritto…recitava così…

Oggi a Camogli il sole non si vuol far vedere.
E’ ancora Agosto, in fondo, anche se abbiamo passato il venti…ancora un po’ di bagni non farebbero male…
E invece…tutti in casa. Fuori piove. Che palle…si sentono solo i rumori dei motorini qua fuori…
Vabbè…caccia il PC e ….VIA…

POSIZIONAMENTO DEI MARCHI DEL GRUPPO

Considerazione di base è che il nostro gruppo non nasce per scelta….ma per caso.
E’ inutile che ce la raccontiamo: i marchi ce li siamo trovati in casa, certo “scelti” dal punto di vista finanziario e contabile, ma non sicuramente dal punto di vista del loro posizionamento…
Eppure, sono marchi di grandissimo valore, a volte….basti pensare a Vespa e a Moto Guzzi…

Sarebbe quindi folle “sminuire” o “non considerare” l’opzione “corretto posizionamento”, (presente e futuro), dei marchi stessi.

Cominciamo a elencarli:

Piaggio
Vespa
Ape
Porter
Gilera
Aprilia
Scarabeo
Derbi
Moto Guzzi
Laverda…


Allora: chi è….PIAGGIO

Piaggio è un marchio storico, rassicurante, che fa parte della tradizione del “far bene azienda” e del “far buoni prodotti”.
E’ rassicurante, amico, direi familiare, affidabile, forse non sempre “alla moda”….ma chi se ne frega, in fondo sa far bene quello che fa e il rapporto qualità prezzo è ottimo.
In più, cosa non da poco….è italiano, “di casa nostra” non solo in Italia, ma almeno in Europa, “fatto da noi” e “per noi”…insomma un buon , sano, economico modo per rispondere alle esigenze di una mobilità moderna, cittadina o sub-urbana, con prodotti che “non ti lasciano mai a piedi” e che “certe volte si lasciano guardare”.
E poi, è il marchio “capo”, il marchio “simbolo”, il marchio “padrone”.
E come tale…non sempre agile e veloce nelle sue scelte (stilistiche e di motorizzazione) ma ponderato e più attento a far la scelta giusta che quella di moda, al valore nel tempo che all’effimero.
Insomma…un buon marito, moderno, divertente…ma non eccessivo, una buona moglie, mamma e compagna…ma non discotecara…questo è Piaggio.

Questo non vuol dire che sia “seduta”, come azienda….anzi! è….ponderata.

Chi è invece VESPA.

Vespa è, come dice il nome stesso, una signorina agile e vezzosa, sempre alla moda perche sempre se stessa, una Claudia Cardinale, incrociata con Alida Valli, con Silvana Mangano…ma per certi versi…anche con Monica Vitti…Sandie Shaw, Jane Fonda,…e perfino con Uma Thurman!
Vi potrei raccontare il perché di ognuna di queste similitudini…ma vi annoierei…

Facciamo un sunto: una moderna, sempre moderna…Sofia Loren.

La chiameremo dunque Sofia.

Sofia è un marchio che ci ha dato sempre grandi soddisfazioni, si è sempre aggiornata e costantemente ringiovanita fin dalla sua nascita, nel ’46. Ancora oggi viene citata ad esempio come pochi altri oggetti cult di design e tendenza, che ancora vendono e stravedono…la Vespa, le poltrone di Le Corbusier di Cassina, la lampada Tizio di Sapper, il lettino di Mies Van del Rohe, la poltrona Sacco o la poltrona Uovo di Bonacina…tutti classici del design che ancora oggi vendono milioni di pezzi, continuamente aggiornandosi ma restando fedeli a se stessi.
Ma il cuore le si è aggiornato…oggi sfoggia fino a 250cc e un’iniezione elettronica.

In sostanza, Vespa è marchio storico, moderno nel suo senso più vero (cioè sempre attuale) legato al vissuto di questa nazione e protagonista dei suoi tempi, dalla nascita, al boom economico, al cinema degli anni 60, 70, (0….e ancora 90 e 2000, con il prossimo film di Nicole Kidman in uscita nelle sale in ottobre, tutto girato a New York su una Vespa.

E poi Vespa è Italia, design, romanticismo, calore….in una parola “FANTASIA”. Vespa è Fantasia….fantasia nel design, nei colori, nel nome, nella sua storia.
E’ per questo che va riproposta sempre nuova e diversa, ma uguale a se stessa…con la possibilità di scegliere tra tanti colori,accessori,allestimenti e conformazioni diverse….perché ognuno abbia la possibilità di possedere il “suo”mito, la “sua” Sofia!…


Chi è APE…

Ape è ….una Vespa più grossa !

Vespa ci porti la “morosa”….Ape…ci porti la spesa!
Ape ti aiuta, ti è vicina, ti porta dappertutto e porta con se’ cio’ che tu vuoi…dappertutto, sulle difficili strade di questa disastrata ma fantastica Italia, sui campi, nelle stradine dei borghi toscani e sulle vette delle alpi Liguri, sulle spiagge della riviera romagnola ed in mezzo ai trulli del nostro tallone…in mezzo ai Nuraghi della Barbagia e sulle strade assolate delle colline barocche Ragusane…

…L’Ape…anzi…La LAPA, come la chiamano a Modica…

E la sua stessa forza, la fa essere così vitale in India…e perché no, in futuro in Cina, nel resto dell’Asia e in Africa…

Ma c’è un altro target per la Lapa…uno che non sospetteresti: la sciura Milanese, la madama Romana, la madmin Torinese, la contessa Napoletana e la principessa Palermitana…

Loro, e le loro case di Camogli e Portofino,di Ansedonia e Capalbio, del Sestriere e Bardonecchia, di Capri e del Cilento, di Mondello e Cefalu’.

Tutte case fantastiche, con grandi prati, e supermercati lontani, e olio da trasportare per la Mimma, la Cicci e la Titti, e vino “della nostra vigna” per il Carlo, zio Gigi e nonna Clara…

Tutte case difficili, in posti a volte isolati…dove solo la Lapa arriva…
Già la usano, pensare…ma se gliela faremo rossa gialla verde blu, con gli interni colorati, una decorazione più carina..insomma una vetturetta un po’ snob…ma molto utile….sapete quante ne vendiamo….e così poi non si sentirebbe più la sorella grassa della Sofia…una bella Stefania (Sandrelli) in carne…non fa schifo a nessuno !…pensiamoci…

Posizionamento chiaro quindi: il veicolo per chi deve lavorare tutti i giorni ( o pretende di farlo ) in situazioni anche difficili, agile, fedele, affidabile…ma anche simpatico e alternativo.

Insomma…zia del PORTER.

Due righe anche su di lui…ma due direi che bastano: a la Lapa…fatta maschietto…senza il cotè frivolo.
In più , economico nella sua categoria.

…e veniamo alla GILERA.

Quanta storia sotto questo marchio di Milano…gare, piloti, italianità….l’Alfa Romeo delle moto…non fosse altro che è rosso-nera (scusa Rocco…ma tant’è….) , Milanese e con lo spirito corsaiolo…
Il tutto, oggi, dentro degli scooter.
Ma non degli scooter normali…non dei freddi SH, dei modaioli Scarabeo e degli affidabili Liberty…no…niente di tutto questo: Galera fa gli scooter…con la moto dentro!
Assetto, grafiche,motoristica…insomma moto in tutto tranne che nella scocca e nella carrozzeria.
Posizionamento già fatto….e differenziante.

Passiamo allora all’ex competitor…l’APRILIA.

Qui bisogna dividere un due …marchio Aprilia cos’è oggi e cosa dovrà essere domani.
Oggi Aprilia è tutto, con una gamma che va dai cinquantini alle 1000 e passa, dagli scooter alle stradali alle naked…passando per scooteroni e varie.

Beh…io credo che non si possa che concordare con chi dice che….c’è un po’ troppo.
Allora…continuiamo a venderle, per ora, ma ricordiamoci che fra un po’….:

APRILIA potrebbe rappresentare le moto, alternative, nuove, intriganti, di grande ricerca stilistica e tecnologica, sempre all’avanguardia e un po’ dissacranti, con un marchio “avanti”, alla Diesel, alla Nike, alla ….boh…perché no ? alla Aprilia!

Scarabeo potrebbe essere il marchio degli scooter “fighi”, di design e tendenza, belli, fatti per piacere e soddisfare il proprio ego…dai piccoli ai più grandi, dal 50 a …perché no…500.

Vedo un po’ meno bene il futuro di Atlantic e di Sport City, contro un marchio come il futuro Gilera…boh….pensiamoci.

SCARABEO…l’abbiamo detto…un po’ quello che Vespa è per Piaggio, ma più trendy, meno mito, più moda meno lusso, più oggi, meno storia.
Insomma…non si cannibalizzeranno.


DERBI.

E’ il marchio dove si fa più fatica ( anche perché lo conosco meno )…mi verrebbe da definirlo…l’Aprilietta del domani…nel senso che Derbi fa le moto che Aprilia non fa o per cui non è particolarmente famosa, le moto piccole, da 50 a 300 e oltre di cilindrata, ma moto…gli scooter sono solo un’aggiunta.
E allora…proposta balzana…perché non mettere insieme Aprilia e Derbi ?
Range MOTO completo, posizionamento giovane, alternativo, tecnologico, corsaiolo ed un po’ esibizionista…insomma…le moto che si fanno vedere.
Boh….aaaa…ripensiamoci.


MOTO GUZZI.

Vabbè …qua ci stiamo.
La grande moto italiana.
La Maserati delle moto (non la Ferrari, c’è molto più blasone qui….)
La storia, Mandello, le gare, la polizia americana, i Corazzieri…
E poi ancora i patiti del marchio, l’amore ossessivo per la propria Guzzi, la relazione intima tra uomo e moto.
Insomma: Moto Guzzi…una storia importante.


Vabbe’…basta che le facciamo che funzionano….



Infine LAVERDA

….non lo so. Non lo conosco.
Mi sembra solo un peccato che stia là sotto a dormire.
Un marchio addormentato perde di grinta, di voce, di VALORE.
Che so, continuiamo a produrre le repliche, manteniamolo vivo…
Boh…forse sbaglio. In fondo non ne so abbastanza.

Finito , direi….finito.

Almeno adesso sappiamo di cosa parliamo.

Voto a San Rocco. La seconda partita

La vita è veramente strana.

Ci sono dei momenti in cui, dopo una lunga lotta contro l’oppressor…ah, no. Quella era un’altra…

Rifo.

Ci sono delle volte che quando hai appena portato a casa una lunga e difficile battaglia…ti sembra di aver vinto la guerra.
Sono i momenti più pericolosi.
La vita certe volte è malandrina, per dirla come diceva mia nonna, sorniona, quasi sadica….non mia nonna,… la vita!

Non ci eravamo neanche rimessi dalla gioia della vittoria della prima partita, che un giorno, un lunedì mattina, ci arriva una telefonata dall’ Allenatoregiocatoreportiereattaccantesupremo che ci convoca tutti, subito, nello spogliatoio.
L’atmosfera, che tutti si aspettavano festosa, era invece cupa, preoccupata, di attesa.
Durante la notte, era successo di tutto.
Il Patron Supremo, possessore dei nostri cartellini calcistici e del nostro cuore di giocatori, aveva deciso di mandare un nuovo consigliere delegato alle sorti della squadra. E si diceva che fosse uno tosto tosto, uno di quegli uomini di ferro che non guardava in faccia a nessuno, una specie di Verypowerfulpresident di quelli che ti fa paura solo a guardarlo, non perché siano tosti loro, ma perché è tosto il biglietto da visita che hanno.

Nella mia vita ne ho conosciuti tanti, così.
Guardano il loro biglietto da visita, lo pesano sulla bilancia, lo mettono in cornice sulla scrivania…insomma…diventano proprio loro stessi il loro biglietto da visita.
I giapponesi sono speciali, in questo: pensano veramente di essere diventati il “santino” che ti cinsegnano in mano, con doveroso rispetto, all’inizio delle riunioni.
In realtà, quelli hanno il medesimo rispetto per il tuo biglietto da visita che per il loro.
Io in squadra con i giapponesi ci ho giocato…è buffo…ti sembra sempre di avere qualcosa da dire tu…alla fine ti accorgi che, nonostante uno strano metodo di allenamento che si chiama “Waiaga”, dove ognuno puo’ cercare di guidare la partita come vuole, perfino il guardialinee, alla fien chi comanda è solo uno: il Mister.

Beh…diciamo che questo invece per i biglietti da visita degli altri non portava rispetto alcuno.
Entro’ nello spogliatoio, dove eravamo tutti schierati e un po’ mogi…e ci comunicò la triste novella: l’allenatoredifensorportiereattaccantesupremo …era passato ad allenare altra squadra.
Da oggi, c’era uno nuovo.

Lo sconcerto era grande.

La domenica successiva avevamo uan partita importante…e non sapevamo cosa fare.
Cosa avrebbe fatto questo ?Avrebbe cambiato la squadra ? L’avrebbe fatta a pezzetti ?

Il cielo non presagiva niente di buono.

Vabbè…è la vita, ci dicemmo.
Ci congedammo dal nostro Vatepadrepadronemaestrocompagno, quello che ci aveva chiamato, amato, voluto, allenato,portato alla vittorio. Il condottier supremo: Radames.

Non fu facile. Lacrime, abbracci, sorrisi di circostanza…ma tant’è…era finita la prima partita.
Ora cominciava la seconda.

E cominciammo ad allenarci con il nuovo.

Devo dire che onestamente fummo tutti colpiti da una cosa: il primo era un burbero fantastico, ombroso, umorale, straordinariamente orso.
Questo invece ci stupiva per i suoi modi gentili, rispettosi, eleganti…all’inizio pensavamo che ci stesse prendendo per il c….

E invece no.
Era un tecnico pazzesco, conosceva tutti gli schemi di gioco, il campionato, le altre squadre…
Uno di quelli che sono sempre stati dietro le quinte…scusate…le porte..e che ha imparato prima sui libri di scuola, a Coverciano, e poi sul campo vero.

Il nostro unico Giocatore Professionista in panchina era esaltato: questo è uno bravo, diceva, …e aveva ragione.
Piano piano ci lasciammo trascinare.
Ci allenammo, riprendemmo in quella settimana la voglia di giocare…di correre.
Non dimenticammo, né dimenticheremo mai, il primo allenatoregiocatoreportiereattaccantesupremo…impossibile togliercelo dai cuori…non foss’altro che era il primo, e straordinario.
Ma questo ci piacque…e ci piacque soprattutto la prima mossa che fece: non cambiare una sola delle persone in campo.

In realtà, adesso che mi viene in mente, piano piano, nel suo stile, un po’ di aggiornamenti e adattamenti li fece…ma come faceva lui, col sorriso sulle labbra, parlando, raccontando, spiegando, dando fiducia, lasciando giocare…tutto uno stile diverso dall’altro.
Ma altrettanto grande.

Ne uscimmo da una settimana di allenamenti ritemprati…riscaldati, di nuovo pronti.

E la partita si rigiocò.

Stavolta ci tocco’ andare in trasferta.
Molti di noi volevano prendere la macchina o l’aereo.

Il fantasista pero’ si impose: lui aveva paura del treno, e costrinse, a forza di rottura di c…, ad andare tutti in treno.
Eh, sì, …il fantasista quando si intestardiva aveva veramente un brutto carattere…era di quelli gentili, questo sì, ma un po’ “pistini” come dice mia mamma, sempre li’ col particolare in mano, sempre li’ a fare anche lui un po’ da maestrino…ma sapete che c’è…tante volte “s’ha da ffà”…
…e quindi ce la fece a convincerli.

Per la verità ovviamente la decisione la prese il nuovo Mister…non è che tutti fossero così d’accordo…
Al bello bello, per esempio, all’inizio la cosa stava veramente sui cosiddetti!

E anche quello bravo bravo, quello che studiava da allenatorecapitano, non è che gli garbasse troppo….in treno…

Vabbè, tant’è che il fantasista ruppe così tanto i cosiddetti che alla fine, un po’ perché in fondo di viaggi se ne intendeva, e anche di organizzazione, un po’ perché aveva sfiancato tutti, si prese il treno.

E partimmo.

Il problema è che ad un certo punto….una mandria di vacche si presentò sulli binari.
Eravamo ormai un bel pezzo fuori Roma, vicino a Viterbo, terra del nostronuovo Mister e anche del Calciatoreprofessionistainpanchina..

Eravamo in mezzo ai campi…
Che fare ?

Dovevamo per forza giocare questa partita…era la partita della vita, pensavamo…

E allora ci venne un’idea.

Dovete sapere che la nostra squadretta era diventata la più forte del campionato dilettanti. Il nostro pubblico ci seguiva ovunque, ci sosteneva, supportava i nostri giocatori e i nostri colori.

Nel frattempo , perché nel treno ci potessero riconoscere meglio, ci eravamo fatti anche delle maglie nuove, tutte a quadretti rosso e blu…una sciccheria…

Allora , fermi li’ come eravamo, al Mister gli venne un’idea.
Tiro’ fuori il telefonino…e tac! Anche se eravamo fermi con le mucche davanti, costrinse tutti, i fan, i supporters…perfino la squadra avversaria, quella con la cheerleader australiana figona, a raggiungerci dove eravamo, nei campi attorno Viterbo…e a gicare la partita li’.

Fu una mossa fantastica !
Quelli erano abituati al loro stadio super tecnologico di San Siro…con l’erbetta corta corta, con i massaggiatori tailandesi.
Quelli giocavano con il sesso, il lusso, le cravatte e le church.

Noi…con le nostre famiglie attorno, ma con il cuore, i sentimenti, il calore…
Ci fu un passa parola…i ragazzini cominciarono a mandarsi milioni di SMS per chiamare i loro amici, le loro fidanzate, i loro parenti alla partita.
E arrivarono in mille, duemila,diecimila..

Molti più fan della nostra squadra che della loro….beh…ci credo…gli aerei privati, lì mica atterravano !

E quindi giocammo, supportati dal più fantastico dei tifi che potessimo mai sperare.
Giocammo segnammo…e vincemmo !

Due partite…due vittorie ! Vabbè…mi sa che adesso faccio una pausa e mi bevo un buon caffè.

Voto a San Rocco. La prima partita

E’ difficile per me raccontare la prima partita senza cadere un po’ nella commozione.
Quando non hai mai giocato a questo livello, e ti trovi di colpo in campo con dei professionisti/dilettanti allo sbaraglio come eravamo noi, beh…è veramente entusiasmante.
Giocavamo ad un gioco nuovo, una derivazione del gioco del calcio originale, ma molto più veloce, molto più MOBILE, un gioco tutto nuovo.

Era stata un’intuizione geniale….come il calcetto giocato a sette…cambiare leggermente le regole del gioco per rendere il terreno di gioco più piccolo, il gioco stesso più snello, la palla più veloce.

E la palla correva in campo come non mai….All’inizio addirittura dovemmo giocare da soli…le regole erano nuove, nessuno degli altri le conosceva. Ma il pubblico arrivava a vederci, correva numeroso e pagava il biglietto. Lo stadio si riempiva sempre di più, ed era ovvio che prima o poi qualcuno sarebbe sceso in campo a contenderci il favore del pubblico e a dividere i fans.

E arrivo’. Ce l’aspettavamo…

Noi eravamo una squadretta di dilettanti de’ borgata, come vi raccontavo, organizzata alla bell’e meglio, un po’ sgangherata nei modi, ma con una sana e sincera passione per la palla.
La palla era tutto…prenderla , giocarla, passarla…non era importante chi facesse gol….l’importante era farlo !
E allora, la discesa in campo di un avversario come si deve non poteva che renderci più agguerriti, ma felici…

Vedete, al contrario del gioco del calcio tradizionale, dove per anni ed anni la concorrenza in campo era stata vista come un’eresia, noi invece eravamo nati con la voglio di lottare contro avversari agguerriti, di vincere con l’astuzia e la competenza, ma contro avversari veri, formati, allenati, non contro il nulla istituzionale…

E l’avversario, dicevo, arrivo’.
Molto più “figo” di noi!

Aveva le magliette nuove nuove, gli spogliatoi ripuliti, la squadra giovane e scattante…insomma..tutto nuovo e tutto bello.
Volevano “cambiare il mondo”! Erano organizzati come gli americani, con tanto di manager, allenatore…sponsor…
Lo sponsor era un’azienda di computers…gli dava un sacco di soldi all’anno…
Gli pagava anche la cheer-leader mascotte, una stangona australiana…che per un po’ ho pensato perfino fosse la mossa giusta farla “scendere in campo”…
Tra i miei compagni di gioco, infatti, si era rimasti un po’ imbesuiti davanti a tanta bellezza: il pingone lungo lungo, che era poi di Milano e molto sensibile all’oggetto femmina, si fermava per ore ed ore a guardarla mentre eravamo in campo…così gli altri gli rubavano la palla e ci voleva del buono a riprenderla !
Anche il nostro bello-bello, che pur non era milanese, ma umbro, pur sapendo di essere il”più bello del reame” non era insensibile alla stangona australiana…ma a calcio lui sì che era una bomba !

Ah, perché – dimenticavo – gli altri erano milanesi, come pure il loro pubblico.

Un pubblico fatto come loro, a loro misura: fighettini bocconiani, tutti leccatini e modernastri, di quelli che parlano di figa, scusate, e soldi…

Noi…noi eravamo ‘na squadretta de borgata, con la famiglia appresso.
I nostri fan, il nostro pubblico veniva coi panetti in saccoccia…e forse anche il fiasco de vino, ma con tanto affetto.
Era un pubblico fatto di fratelli, cognati, la figlia della portinaia, il cugino Luciano, insomma un pubblico vero e sincero…come un buon vino.

I nostri valori erano forse diversi dai loro….: famiglia, affetti, relazione, amore…ma una cosa avevamo in comune: la voglia di vincere.

I nostri tifosi arrivavano in treno, i loro in supermacchine decappottabili guidate da figoni spaziali.

Ma non divaghiamo….avevamo entrambi voglia di giocare….e allora giocammo.

Noi ci facemmo delle maglie rosse e blu. Bianconere, le avremmo volute…ma non si poteva…c’erano già. E poi bianco e nero non ci avrebbero visto da lontano. Rosso e blu sì.
Fu il fantasista estroso, quello che non rispettava i canoni di Santa Romana Chiesa, a proporlo…
E subito la squadra li fece suoi, quei colori. Anche perché gli altri avevano scelto il verde, da bravi paraceli, il verde speranza, il verde futuro….ma anche il verde colore dello sponsor…nonché del Dollaro !

Noi invece eravamo rossi come la passione e blu come il mare o come gli occhi della nostra giocatrice / lenteacontattata.

E giocammo.
La partita fu dura, tosta tosta, senza intervalli.
Si segno’ da una parte e dall’altra, novanta interminabili minuti, forse la partita più bella ed entusiasmante che noi tutti avessimo mai giocato….certo la prima. Ce la ricordiamo ancora tutti.

E vincemmo. Vincemmo alla stragrande, il cuore contro i soldi, gli affetti contro il sesso, la famiglia contro …contro qualsiasi cosa.

Fu una vittoria sonora, tre a uno…
Ma anche loro, devo dire, in campo si comportarono bene. Onore ai vinti…avevano dimostrato di saperci fare.

Unica cosa…capirono che avevano sbagliato colori…mollarono il verde e presero il rosso…ma non perché ne fossero convinti, ma perché la squadra passo’ di mano e il nuovo sponsor volle così…
Ma qui…siamo già nelle prossime partite…


La prima delle mie…finisce qui.

Voto a S. Rocco. Prefazione

Oggi è una giornata bellissima.
Il sole, il mare, il cielo blu.
La nostra nuova casa, Mario che dorme in camera sua, stanco di una settimana terribile di lavoro…quasi come la mia!
La vita è buffa…una volta toccava a me fare il suo lavoro…è stata la prima vera partita della mia vita.
Adesso, dopo otto anni (tanti ci dividono in età, quella partita la gioca lui, una partita tesa, nervosa, sfiancante, ma anche piena di grandi soddisfazioni, soprattutto sa la vinci…ma anche ogni volta che segni…la partita della Comunicazione della Comunicazione….

E ora siamo qui…otto anni dopo…con tanti ricordi ma anche con tante speranze per il futuro.
E la prima grande vittoria: la nostra casa..quella che tanto volevamo…
La casa del mare, Villa Rosmarino sul monte di Portofino.

Sotto la chiesina di S.Rocco.

Il paesaggio è illuminato da un luce chiara, trasparente, che ti sembra trapanare muri e finestre ed entrare lì, direttamente in casa, solo per te, e trafiggere tutti i problemi, le ansie, le preoccupazioni del mondo.
Quando c’è questa luce, mi passa tutto di testa, il lavoro, gli assilli…e capisco che qui, solo qui, vicino al mio fico, alla mia casa, al mio giardino, solo qui la vita diventa vera.

Il resto…è gioco, o meglio SOGNO, come diceva Calderon de la Barca.

Beh, ma a me tutto sommato giocare piace….
…e siccome mi piace…

Preferisco farlo bene.

Allora….sta per iniziare la terza partita.

La prima, l’ho giocata tanti (…otto) anni fa.
Non sapevo neanche a che gioco si sarebbe giocato.

Ma l’ho capito presto.
Un giorno, mi chiama l’allenatore.
…allora giocavamo con un allenatore diverso…un fanatico delle campane…
Voleva sempre “suonarle” a tutti, e far vedere che la sua squadra era la migliore, in campo e in orchestra.
Veniva da un paesino del Molise, uno di quelli che nessuno conosce, dove al massimo ci fanno la Festa de l’Anduja (o della ‘Ndocciata come un cristiano mi corregge sempre a dire )…o la Sacra te la Purpetta (trascrizione letterale ndr.) , uno di quesi paesini un po’ “ruvidi”, ma veri, sinceri, come un buon vino dalla bottiglia col tappo della Vichi…

…Ma doveva avere un segreto, quel paesino…
Che so, un’acqua miracolosa, un formaggio particolare, un’erba ne la ricotta o una spezia nel pane…quello vero…cafone.

Insomma …doveva esserci qualcosa di strano.
Tant’è….

Vabbè …dicevamo?….ah sì.
La prima partita.

La squadra era eterogenea….un sacco di attaccanti….forse fin troppi.
Uno lungo lungo, uno largo largo, uno bello bello, uno matto matto, uno zitto zitto….e con un anello strano al dito.
Un altro sornione che pareva un grosso coniglio che se la soffia e ride sempre sotto i baffoni…
Un altro che sembrava sempre lì a non fare nulla, ma tant’è…la stampa quando c’era lui in campo parlava sempre bene della nostra squadra…..e in più…mi sa che anche quello veniva dai monti…

Poi un altro caparbio, ruvido, lavoratore indefesso…sempre lì ad allenarsi, sempre lì a lavorarci sopra…neanche fosse stato lui il capitano…o addirittura l’allenatore!

E poi …

E poi c’era lui, il sommo, l’intoccabile, il divino: ILCAPITANOALLENATORECENTRAVANTIDIFENSOREPORTIERE…!!
L’uomo che non sbagliava mai….certamente, almeno, mai per noi.

Insomma…..IL CAPO.

Era una buffa squadra, bianconera, of course….perché se non l’avete capito, ssé trattava ddè ggiocà ar pallone…a quello rotondo….

C’era anche tanto di giornalista/commentatoretelevisivo/suggeritoresedelcaso/amicodellasquadra e fan di tutti noi.

Insomma una squadra di calcio…
Ma a calcio non si gioca in nove…

E allora, siccome era una squadra “moderna”, “politically correct”- come si dice adesso –…..
la squadra, che già contava sul fantasista “ matto matto “, che più che matto matto era anche stato soprannominato “mezzo-mezzo”, con chiaro intendimento alla sua scarsissima morale e al poco rispetto che prestava per le regole costituite di Santa Romana Chiesa in materia di sesso e affini,
la squadra si arricchì di due…udite udite…giocatrici !

Dovevate vederle…mica delle cheer leader, eeeehhhh!, due toste , anzi , tostissime:

La prima, era talmente tosta e si buttava nella mischia con tale ardore che più che a calcio sembrava che giocasse a RUGBY!…in più , era cecata…
Ogni tanto prendeva delle cantonate solenni, a volte sbatteva dritta dritta sul palo della porta…
…e allora…beh, allora il CAPOTANOALLENATORETTUTTOILRESTO, che le voleva bene e voleva tenerla in squadra, le consigliò di mettersi le lenti a contatto, per giocare meglio.
Lei lo fece, ma siccome era un po’ vezzosa e molto orgogliosa, per non far vedere che le portava…se le mise blu….ma di un blu…che era talmente evidente che anche un cieco le avrebbe viste!…

…vabbè…le donne….

L’altra…

L’altra invece era un’emiliana con la chioma rossa da Erinni, una di quelle appena uscita dal gonnonesessantottino per entrare diritta diritta nei suo tailleurdagerarcafascista…di manager.
Aveva sempre il ditino in aria…dovevate vederla…veramente, mi dicono che ancora oggi, ogni tanto, le si alza.
E’ come un riflesso condizionato…ad un certo punto, sul più bello della partita, proprio quando tutti erano concentrati a passarsi la palla per permettere al CAPITANOGIOCATOREALLENATORESOMMOPONTEFICEECCECC di fare gol…lei…si bloccava in mezzo al campo, ferma con una sardina , col duo dito scattato in avanti come a dirti “matulosaicheiolosochetulosaichealloratusiccomeioalloranoi…..”…che palle!!! …o meglio che palla!!!…quella che si perdeva, e un altro la sorpassava rubadogliela, mentre lei era fissa li’ col ditino, e cercava di far gol al posto suo.
Non la sopportava nessuno, in quei momenti.
Ma poi, quando si riaveva…era una stratega di gioco pazzesco…analizzava tutte le tecniche, gli schemi di gioco degli avversari…sapeva stare in difesa, ma ogni tanto passare in attacco…e soprattutto…era infaticabile…indefessa…inarrestabile…vabbè…insomma…era una brava.

E infine…avevamo anche una Guardialinee giocatrice….c’aveva un piccolo problema: era cecata…anche lei….ma cecata cecata!

Stava in fianco, aspettava…ma quando necessario…giocava…e come se giocava !!!!



Erano tutti bravi, loro undici.

Ma non ognuno per sé…tutti insieme.

Giocavano, si divertivano, si difendevano, si sopportavano, si supportavano…come solo una squadra unita sa fare.

C’era anche una riserva.
Uno che aveva cominciato come scopino negli spogliatoi…ma in realtà era l’unico che il calcio, quello vero, ce l’aveva nel sangue.
Aveva iniziato a giocare da professionista…poi…un brutto giorno…un incidente di gioco…e TRAK!
…carriera stroncata.
Ma il calcio gli era rimasto dentro.
Veniva sempre a tutti gli allenamenti, stava lì, osservava, suggeriva..poi…piano piano…qualche partitella qua e là…fino a finalmente essere rimesso in squadra, come riserva…

Ma nella nostra squadra, non in quella dei professionisti…
…in quelli che il calcio è solo un gioco…

Ma gli andava bene. Era contento così…anche se quel mondo..gli mancava.
Appena poteva, ci si rituffava dentro, a cena con gli ex colleghi, le belle donne, la musica, il divertimento….vabbè…mica faceva niente di male…sognava solo un po’.

Insomma …una vera squadretta di quartiere come si deve.
E giocammo la prima partita.Girate pagina…e ve la racconto.

Abbasso la SQUOLA !!

Io odiavo andare a scuola.
Non perché non fossi bravo.
Mi pensavano tutti un secchione….
Invece…io odiavo andare a scuola.

Entrare ogni giorno in classe, con il “dovere” della cultura nello zainetto era proprio una cosa che non mi andava giù.
Poi, siccome ero mediamente intelligente, la giornata passava.
Unico inconveniente…mi cuccavano sempre per primo alle interrogazioni. Perché ?Perché la Prof non aveva niente di meglio da fare che “partire dal fondo” del registro di classe…e Zac!…o meglio…Zen…drini!…e toccava a me.

Poi, per il resto del tempo, me la spassavo.
Avevo bei voti…ma in realtà da un’interrogazione all’altra…non studiavo quasi per nulla.
Vero è che nei compiti in classe andavo bene…e anche in quelli a casa. Li facevo per me…e anche per quelli un po’ zucconi e capre. A casa mia eravamo sempre almeno in dieci, il pomeriggio.
Si facevano i compiti, e già allora facevo un po’ di pierre…visto che mi veniva facile.
Le “pierre” consistevano nel fare anche il lavoro per gli altri…sia a casa..che in classe.
Durante il compito di Italiano, visto che in genere il tema lo facevo direttamente in bella, mi restavano quell’ora a mezza per farne almeno altri due o tre.
Il difficile era farli “benemanontroppo”, senno’ la profe ci cuccava.
E così, anche se passavo per secchione, non stavo sui cosiddetti al gruppetto degli “sgrausi” e mi portavano fuori con loro la sera e il fine settimana.

Avevo avuto un maestro straordinario, alle elementari, uno di quelli che così non ne fanno più.
Si chiamava Maestrozavarise, tutto attaccato , perché a quell’età i nomi li dici così: il Maestrozavarise, la Maestrabianchi, la Bidellamarcella, eccetera eccetera.

Il Maestrozavarise era un’uomo straordinario.
Le sue lezioni non erano mai basate sul libro di testo ma sulla vita vera.
Si andava in giardino a scoprire gli animali, in montagna a scoprire gli alberi, a casa sua sul lago di Garda a scoprire i fiori, sulle Prealpi venete a conoscere i funghi, e così via.
Forse non saremmo stati preparati alla fine dell’anno…sicuramente saremmo stati preparati alla vita.

Ecco, tranne rari casi…questi insegnanti, questi professori non ci sono più.
Io mi sa che mi sono stufato di sentir parlare di “poveri professori”, di “poveri insegnanti”, di “oddio adesso mi tocca anche compilare il foglio dei debiti formativi”, di “oddio adesso ci tocca anche fare il doposcuola.
Mi sono stufato. Perchè ? gli altri non lo devono fare ?
Come degli statali, parlano come i peggiori degli statali.

Insomma: tre o quattro mesi di vacanza all’anno…si lavora solo di mattina…ci si aggiorna il minimo indispensabile…si sta a casa in malattia quando serve....non gli basta ?

Basta.
Certo, non tutti sono così…ma basta dare scuse alla scuola.
La scuola è un’istituzione BASILARE.
Un esempio di vita.
Se non siamo stati indirizzati in maniera giusta da piccoli non diventeremo mai grandi da grandi.

Le possibilità ormai ci sono…certo…ci vuole voglia.

Dobbiamo saper premiare i volonterosi, tra il corpo insegnante, pagarli ben di più, dare loro la possibilità di ampliare le loro visioni e le loro responsabilità, mettere loro a disposizione più strumenti....insomma...permettergli di essere ORGOGLIOSI dello straordinario lavoro che fanno.
Oggi, sechiedete a uno cosa fa, si vergogna di dire che fa l'insegnante. Ma vi sembra logico ?

E al tempo stesso, cacciare gli scansafatiche, lasciare a casa i pelandroni, evitare che i nostri giovani arrivino impreparati alla soglia del lavoro e della vita vera.

E’ impossibile ?
Non credo.
Si puo’ fare nelle aziende private e nelle Università…perché non nella scuola dell’ordine e nelle Superiori ?
Certo…dovremo cambiare il sistema che regola stipendi e premi degli insegnanti, istituire dei seri organismi di valutazione degli stessi, e soprattutto….abolire le clientele.

Impossibile in Italia ?

Non so.
Non credo.
Non voglio.

Stupidoèchistupidofa.